Manchester

racconto storico

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Manchester

racconto storico

Estratto dal romanzo "Identità in conflitto - Africa e dintorni”


“Tedoste ti maistra!” (cazzate la randa) urla Nestor Manos all’equipaggio durante la Giraglia Cup.
La prima regata si tenne nel 1953 e deve il suo nome al caratteristico scoglio eponimo che sorge a un miglio dalla costa settentrionale della Corsica, avamposto mitico e disabitato, ma anche uno straordinario punto di svolta. Quell’anno furono ventidue le imbarcazioni sulla linea di partenza. Quest’anno il doppio.
Ho partecipato, in qualità di mozzo tuttofare, a questa mitica regata mediterranea con partenza e arrivo a Saint Tropez dove l’equipaggio si era rivelato una famiglia nella quale si condividevano gioie, problemi, bevute e drammi (non personali ma legati alla regata).
Trascorremmo la notte in albergo a rattoppare con energiche cuciture alcuni bordi della randa e del fiocco che non avevano retto il forte vento che tirava nei pressi della Corsica.
Chi è mio padre?

Ho impiegato quasi venticinque anni a cercare di definire, inquadrare e capire quale sorta di ruolo abbia avuto non solo nell’ambito della marina a Patrasso o al Pireo ma, soprattutto, all’interno della nostra famiglia.
Mi risulta molto più semplice mettere a fuoco mia madre, Gjean O’Malley, il cui cognome tradisce una spiccata origine irlandese.
I suoi bisnonni, agricoltori benestanti originari di Claremorris nella Contea di Mayo, subirono un dissesto finanziario dovuto al crollo del prezzo delle patate. La catastrofica carestia attorno alla metà dell’800, durante il periodo vittoriano, distrusse le basi stesse dell’incremento demografico dell’isola con la morte di circa un milione di persone a causa della malnutrizione e portando a circa due milioni gli emigranti.
Migliaia di Irlandesi fuggirono a Liverpool per poi prendere la via per gli Stati Uniti; altri invece infoltirono la crescente comunità di disadattati nel Merseyside o a Manchester, dove erano disposti a lavorare per salari assai inferiori alla media inglese.
Erano gli anni in cui Marx ed Engels pubblicarono a Londra il «Manifesto del Partito Comunista» profetizzando una rivoluzione europea dei lavoratori dei paesi più avanzati sulla strada del capitalismo.
L’agricoltura in Irlanda costituiva di gran lunga la voce principale dell’economia locale.

Gli avi di mamma Gjean ebbero fortuna perché riuscirono a «cambiare pelle» cavalcando l’opportunità offerta dall’industria tessile legata all’arrivo del cotone dalla Louisiana a Liverpool che, attraverso un canale realizzato al termine del ‘700 in pieno sviluppo industriale, riforniva le varie aziende manifatturiere di Manchester.
La progettazione e la realizzazione di questi stretti canali, che poterono collegare tra loro tutti i maggiori fiumi navigabili, furono la dimostrazione dell’importanza dei trasporti per via d’acqua che contribuirono allo sviluppo economico britannico. La grande esposizione del 1851 celebrò il predominio del Regno Unito sui mercati internazionali e ne certificò la centralità nel commercio mondiale, con una schiacciante egemonia nei traffici marittimi.
Interessi britannici erano pertanto reperibili ovunque ci fossero commerci degni di tal nome, anche laddove l’autorità imperiale non fosse ufficialmente presente. Dunque, l’imperialismo informale precedeva l’annessione formale.

Mamma Gjean è nata a Cheadle Hulme nel 1930 ma non ha mai tradito le sue origini, anche se, dalle varie confidenze di sue amiche e amici ricevute da mia sorella, era considerata una figura un po’ snob, molto legata al fatto di essere british, che adorava l’impero e i fasti legati alla classe privilegiata.
Aveva perso la grinta e il piglio tipici degli irlandesi per cedere il posto alle comodità e ai privilegi ritenuti da una certa fascia sociale un diritto riconosciuto solo per il fatto di essere inglesi.
Acquistava l’abbigliamento da Leeds Penny Bazaar al 20 di Cheetham Hill Road a Manchester.
Aveva appena compiuto i diciotto anni quando i suoi genitori, eredi di un impero tessile sopravvissuto alle varie crisi, ma rinato con le forniture militari, si trasferirono a Bramhall.
Spesso il suo fidato gruppo di amici d’infanzia, che aveva continuato a essere in armonia, nonostante la dispersione legata alla frequenza di diverse facoltà universitarie, si riuniva a turno a casa dell’uno o dell’altro per disquisire sui «massimi sistemi» o, molto più prosaicamente, come aiutare i giovani inglesi a uscire dalla crisi post-bellica.

Gjean aveva un forte legame con Betty con la quale frequentava il corso di specializzazione in Storia Greco-Romana. Ma quello che le accomunava non erano solo i templi, gli archi, i teatri o le arene, bensì una disputa culinaria tra l’afternoon tea e il cream tea che le portava a incontrare il gruppo, a mesi alterni, una volta a casa di Gjean e l’altra da Betty, con l’obiettivo di raggiungere una sorta di perfezione, di creatività con varianti di leccornie sempre nuove o ingredienti fuori dal comune. Una sorta di costante ricerca di novità, con lo scopo di mettersi sempre in gioco esponendosi al giudizio di accondiscendenti commensali.

Nell’ampio salone del cottage di Gjean, dove fanno bella mostra due finestroni arricchiti da piccoli e squadrati vetri in rilievo circondati da bianchi profili in legno bianco, Gil, immerso in una comoda poltrona Chesterfield in cuoio, aveva affermato in modo deciso: “Vedi, noi che abitiamo qui non conosciamo niente di come si vive laggiù. Tu ed io siamo gente comune, abbiamo frequentato le scuole qui, ma se arrivi in uno di quei villaggi, per esempio giù nell’Africa del sud, ti rendi conto di tutto quello che abbiamo noi in questa realtà rispetto a loro. Sicuramente la gente ritiene che tu sia un genio, un portatore d’innovazione. Non penso che nei villaggi o nelle piccole città ci siano persone con una conoscenza paragonabile alla nostra.”
“Guarda che a Pretoria e a Johannesburg ci sono sicuramente facoltà all’altezza.” Lo aveva interrotto William.
“Parlo non di città ma di luoghi difficili da raggiungere. Sicuramente la rete ferroviaria non ha nulla a che vedere con la nostra. E se portassimo con noi un’infermiera, per non parlare di un chirurgo...”
“Sì. Insomma, per farla breve...” intervenne Francis “creeremo dei piccoli gruppi autosufficienti così i ragazzi la smetteranno di arruolarsi per andare in India o in altri Stati a puntellare l’impero. Se la gente giovane vuole andarsene dall’Inghilterra, adesso l’unica possibilità è solo quella di arruolarsi. C’è da dire che in Africa centrale e meridionale la presenza degli europei ha avuto, spesso, carattere religioso: missionari, evangelici e medici come David Livingstone predicavano il Vangelo, curavano i malati e denunciavano le barbarie del commercio degli schiavi. Dovremmo comportarci non tanto come missionari ma come entità governativa, con un’impronta più laica.”
“Tieni presente,” aveva ribattuto Gil “che si sono verificati, a volte, interventi governativi di natura ambigua, iniziative che cominciavano in sordina, con l’espediente di un’impresa commerciale autorizzata dal governo, a smerciare in una zona con possibilità anche di amministrarla; fu così che la Rhodesia finì per cadere sotto il giogo britannico perché quando una compagnia del genere dichiarava fallimento, o era sulla strada della bancarotta, al governo britannico non restava che assumersene le responsabilità amministrative, con le conseguenze politiche che ben conosciamo.”
Betty e Gjean facevano finta di ascoltare perché avevano la testa altrove. “Sai Gjean, ho fatto l’iscrizione al nuovo torneo di bridge del Mancunian Bridge Club. Ci sono coppie molto brave e dovremmo allenarci in vista del torneo previsto il mese prossimo.”
“Possiamo chiedere a Susy e Margot che…”
“Noooo! Non voglio giocare con sparring-partner di seconda fila. Voglio avversari seri, che ci mettano in difficoltà. Ci sarebbero ad esempio Robin e Helen che, come coppia di coniugi lasciano un po’ a desiderare, ma a bridge sono veramente forti. Ti ricordi che ci hanno già battuto?”

Betty era un tipino energico, originaria di Truro in Cornovaglia, una ragazza un po’ in carne, dai folti e ricci capelli castani con uno sguardo tagliente, dato da due pupille che brillavano come il carbon coke. Una vera cornish.
“Giusto per stemperare i vostri argomenti, dovrò insegnare a qualcuno di voi come si prepara il cream tea anche se penso sia servito in quasi tutte le sale da thè delle nazioni facenti parte del Commonwealth. Ed è qui che vi posso fornire il mio aiuto.” Sentenziò facendo seguire una sonora risata.
“Anche se voi due siete molto legate ai fasti dell’impero, vorrei solo ricordarvi” ribatté in tono sarcastico William “che la posizione internazionale del Regno Unito è caratterizzato dal graduale, perché necessario, disimpegno in questo periodo postbellico: un processo inesorabile, anche sotto il governo di un vecchio imperialista come Sir Winston Churchill appena eletto al suo secondo mandato. Un trasferimento di poteri che denota un’esplicita conferma dell’incapacità militare e finanziaria del nostro paese e, soprattutto, l’impossibilità di mantenere con la forza il possesso di terre così remote. I rapporti con il Commonwealth stanno acquistando carattere più che altro cerimoniale.”
“Anche se il Sudafrica, dal punto di vista economico,” puntualizzò Gil “è stato il principale gioiello della corona imperiale britannica che, con l’afflusso di capitali sotto la sovrintendenza di Cecil Rhodes, scardinò l’economia rurale dei Boeri.”
“Il politico e imprenditore Cecil Rhodes, alternando la diplomazia all’uso della forza, ottenne dal re Lobenguela un trattato che lo favoriva nello sfruttamento del suolo. Siamo nel lontano 1888” puntualizzò Francis “e l’anno successivo Rhodes costituì la British South Africa Company (BSAC), che governò i territori del Mashonaland e del Matabeleland nel 1901, con l’ausilio di milizie private.” “Infatti il controllo privato della BSAC si protrasse indisturbato fino al 1923, quando la Rhodesia divenne ufficialmente una colonia, dotata di costituzione propria.” Sottolineò William che voleva evidenziare come gli aspetti economici avessero dato il via a un’annessione imperiale. “Tuttora rimane legata alle sorti britanniche.”
“Senti Gil, tu prima parlavi di boeri. Personalmente il termine «boero» lo associo al nuovo cioccolatino che ho scoperto essere usato in Italia e che metterò assieme ai dolci nella mia nuova versione dell’afternoon tea. Questo particolare dolcetto sarà piazzato sul ripiano più alto del three tier cake stand.” Ribadì Gjean, facendo l’occhiolino a Betty, che continuò. “A proposito di paesi continentali, vi annuncio che la nostra facoltà organizzerà, la prossima primavera, un tour sul famoso Orient Express con destinazione Atene.”
“Viaggeremo su questa macchina che produce miti, dove l’Occidente trova il suo altrove e il suo doppio esotico, un treno antimoderno alla ricerca di un Oriente mitico e immaginario. La destinazione è sicuramente importante ma la prima tappa del nostro viaggio e la sua quintessenza saranno il treno stesso. L’anima dell’avventura, la sua ragione d’essere. Hercule Poirot…” Sentenziò enfatica Betty. “Partiremo da Londra in bus verso Dover,” proseguì interrompendola Gjean “attraverseremo la Manica e raggiungeremo Parigi dove, alla Gare de l’Est, saliremo sul famoso treno che proporrà una fastosa cucina con menù a base di foie gras, agnello, caviale e altre prelibatezze, il tutto accompagnato da vini Bordeaux e Champagne… giusto per giustificare il prezzo del biglietto. La sontuosità dei pasti sarà accompagnata da tovaglie damascate, bicchieri in cristallo e posate d’argento.” “Volete continuare a vivere i fasti dell’impero, dalla parte dei Lord…” La rintuzzò Francis lanciando una boccata azzurra dalla pipa.
Incurante dell’interruzione, Gjean proseguì: “Purtroppo ci sarà una variante perché la chiusura del confine tra Jugoslavia e Grecia, causa i problemi post-bellici, impedirà di svolgere completamente la corsa. Scenderemo a Belgrado e, con treni locali, raggiungeremo Atene, via Skopje.”
Betty sorrise. “Lo trovate un viaggio interessante?”
“Sì, anche…” replicò Francis in modo titubante “ma, riallacciandomi all’altro argomento altrettanto concreto, più che altro ci serve la tua esperienza. Dobbiamo raccogliere soldi, capisci?” Brutalmente aveva ripreso l’argomento chiave del loro incontro.

“Posso solo dirvi quello che mi avevano consigliato in altri progetti simili. Se potete, cercate di tenere tutto sotto il vostro controllo diretto. Certo, dipende da quanti soldi avete e a quale associazione governativa vi volete appoggiare.” Rispose Betty.
“Non molti. Ma un po’ li possiamo raccogliere qui intorno. Ci rivolgeremo alle mamme perché nessuna vorrà che i propri figli vadano a morire, magari vittime d’imboscate, in qualche maledetta terra lontana. Vista la crisi economica che stiamo vivendo, il progetto è quello di portare i giovani fuori dal Paese con la garanzia che possano svolgere un’attività remunerata e soddisfacente dal punto di vista delle aspettative.” Disse Francis.
“M’immagino quando saremo arrivati a destinazione. Ti rendi conto di che razza di caricature appariamo? Non so se incutiamo rispetto, terrore o veniamo tacitamente sopportati per il nostro classismo della malora, i nostri stupidi eccessi di moralismo. In pratica siamo delle macchiette.” Asserì in modo sconsolato William oscillando il capo. “Questo è un paese stupido e gretto, basato sulle apparenze, sull’etichetta e sul conformismo, probabilmente alimentato anche dal ruolo così pregnante della monarchia.”
Rivolgendosi agli uomini: “Andiamo al The Old Wellington a farci una pinta di ale.” Disse Gil alzandosi. “Se mai dovrò andare a curare ammalati in Africa, chissà cosa mi toccherà bere. Godiamocela finché possiamo!” Nel frattempo, Betty e Gjean, con uno sguardo furtivo e un leggero sorriso quasi impercettibile, stavano condividendo i loro pensieri già indirizzati in cima all’Acropoli.

Daniele Ossola - scrittore e regista

Sono autore e commediografo, in cerca di contaminazioni culturali
Ho all'attivo la pubblicazione di decine tra romanzi, racconti e sceneggiature.

Oggi mi dedico a creare occasioni di scambio culturale col pubblico grazie alla realizzazione di eventi, recital e presentazioni che coinvolgono attori, musicisti e artisti visivi a partire dalla mia parola scritta.


I miei ultimi romanzi:
"Dubbi e tensioni di un giovane investigatore" (Macchione, 2024)
"Identità in conflitto - Africa e dintorni" (Placebook Publishing, 2023)

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