UN’ORA A SPASSO TRA LE NUVOLE

Lorenzo, dopo la rovinosa caduta in bicicletta lungo i sentieri sterrati del Chianti, tra i vigneti di Castellina, è sdraiato su un letto d’ospedale in reparto Neurochirurgia mentre, annoiato, guarda le goccioline che piano piano scendono dalla sacca del flebo.
E’ la sera che volge all’imbrunire e, nonostante sia sotto l’effetto di un analgesico, sta anche scorrendo un catalogo di viaggi estivi con meta l’Isola d’Elba, la prossima destinazione del suo giro in Toscana.
Come un suono ovattato sente la musica d’apertura del TG1, proveniente dalla saletta a fianco la sua camera. Suono assai familiare perché i nonni, gestori di un bar a Canneto sull’Oglio negli anni sessanta, sono sempre affezionati a questo evento, da quando la televisione aveva un solo canale.
Gli raccontano ancora di quando gli uomini si radunavano, arrivando in bici o su lussuose Lambrette, nell’unica osteria del paese e il rituale serale consisteva prima nella visione silenziosa del tubo catodico per poi scatenarsi in partite di briscola o boccette.
Dopo il periodo trascorso a Glasgow, grazie al programma Erasmus, Lorenzo ha sempre la testa piantata saldamente in Scozia e, chiudendo gli occhi sulle immagini di Marina di Campo con il rumore lontano del telegiornale, pensa invece alle Isole Ebridi Esterne, notoriamente poco ricettive al turismo di massa. Il sogno prevarica la realtà … e si abbandona.
Questo arcipelago, situato nella Scozia Occidentale e posto in senso longitudinale rispetto alla terra ferma, è formato da cinque isole: Lewis, North e South Uist, Benbecula e Barra.
Lorenzo si trova di fronte ad una platea di Tour Operator interessati, al convegno da lui indetto, per promuovere il turismo scozzese e, fermamente motivato, prende la parola:
“In questo piccolo Regno ci sono montagne innevate con pesciolini rossi congelati che ogni tanto fanno capolino tra i ghiacciai, laghi azzurrognoli con luci sui fondali, bellissime spiagge dove nessuno può fare il bagno e fantastiche, alte scogliere che sono il paradiso per le oche volanti.
Ciascun’isola ha una sua specifica caratteristica, in modo che non possa essere confusa con le altre.
Nell’isola di Lewis, una pecora dagli occhi blu produce la lana denim per i jeans (Jeans Lewis, ovviamente) mentre,nell’isola di Benbecula, le pecore hanno una cerniera zip lungo la loro pancia per proteggere gli agnelli dal vento e dal freddo e tutti i giorni bevono mezzo litro di whisky per scaldarsi le orecchie. In questo modo, nei ristoranti potrete assaggiare gustosi cosciotti di agnello leggermente alcolici, abbinandoci una deliziosa salsa alla menta.
Nell’isola di Barra c’è una latteria che produce del burro cacao in piccole barre (da qui la parola barra che deriva dal nome di quest’isola). Questi pezzi di cioccolato vengono utilizzati per friggere uova, sempre di cioccolato, in quanto queste speciali razze di galline, le “cocoa gold hens”, producono uova con il 70% di pasta di cacao.
Un’altra specialità riguarda sia la coltivazione di molte qualità di zucche sia la presenza di colonie di topi che regnano sovrani, perché servono per trasformarsi rispettivamente in splendide carrozze e in eleganti cavalli bianchi quando qualche regista vuole girare le scene delle varie edizioni del film “Cenerentola”.
Nell’isola di North Uist c’è un’altra curiosità: “la pecora matrona”, detta anche “mamasheep”, una grossa e storica bestia la cui lana viene tagliata settimanalmente.
L’animale ha ormai quasi duecento anni e, durante il periodo Vittoriano, produceva direttamente il tartan, il tessuto per fare i kilt ma non con disegni squadrati, tipici dei clan scozzesi, troppo facile, ma in piccoli cerchi (come i pois francesi).
Tale particolarità sprigionava la gioia del Conte di Aberdeen, Primo Ministro a Londra nel 1852, che si vantava di tanta originalità durante le sedute alla Camera dei Lord, dove si dibatteva la crisi delle patate in Irlanda che comportava massicci flussi migratori in Inghilterra.
L’isola di South Uist, l’ultima di questo piccolo Regno, è l’unica sede del nuovo sport: lo SKLY.
Lo SKLY è la fusione tra due discipline: ski e fly (sci e volo) e sarà riconosciuta, tra vent’otto anni, dal Comitato Olimpico quale nuova disciplina di sport estremo.
Solo su quest’isola voi lo potete praticare perché il brand SKLY è registrato quale diritto esclusivo delle Ebridi Esterne.
Gli sciatori, che devono aver obbligatoriamente sottoscritto una polizza assicurativa sulla vita, partono dalla base della montagna e, spinti verso l’alto da cinquanta ventilatori, devono superare alcuni ostacoli.
Quali tipi di ostacoli? II primo è rappresentato da un branco di feroci, affamati e selvaggi orsi bianchi. Se lo sciatore riesce finalmente ad arrivare alla vetta, ha poi un altro piccolo problema: l’altro versante della montagna non è altro che un burrone, un’altissima scogliera, una cliff di 1.600 metri a picco direttamente sul mare.
Lo sciatore deve solo premere un pulsante, posto sullo sci destro, che gli fa aprire un ombrello nero, tipo quello di Mary Poppins. Se il vento è favorevole, il fortunato sciatore può girare attorno alla scogliera e ritornare lungo la linea di partenza posta alla base della montagna, dove ci sono i famosi ventilatori.
Se invece, sfortunatamente, il vento non soffia nel verso giusto, lo sciatore si trova nella direzione verso l’Irlanda e, se anche dovesse sopravvivere a questa lunga traversata, sarebbe comunque squalificato per inversione di rotta non prevista da regolamento.
Perché mai si parla di sopravvivenza? Perché nel Mare d’Irlanda, chi vola a bassa quota può essere catturato dalle navi dei pirati che ti legano all’albero maestro. Il capitano della nave chiede sempre al malcapitato di turno: ”Vuoi diventare un pirata o preferisci camminare sulla plancia, a occhi bendati, e piombare in mare per andare a trovare e socializzare con gli squali dai denti d’oro?”
Ah, le Ebridi Esterne … fantastico mondo, facilmente raggiungibile a piedi, soprattutto quando c’è brutto tempo (in pratica sempre), camminando sulle nuvole, con partenza da Inverness, direzione Oban, via Loch Ness …”
Lorenzo, mentre si gode i rituali e accondiscendenti fragorosi applausi provenienti dalla platea, è bruscamente svegliato dalla vibrazione del cellulare, appoggiato sul comodino.
Sono le ventuno. Certo, deve chiamare Clara per informarla sul suo stato di salute.
Piega l’opuscolo promozionale dell’Isola d’Elba per verificare, con profonda soddisfazione, che anche qui nel Chianti ci sono nuvole sparse, anche questa volta nere e fluttuanti nel cielo ormai scuro al di là dei vetri appannati. Iniziano a scaricare pioggia a più non posso sul vetro della finestra. Caspita, tutta quest’acqua!
Affannosamente, cerca il pulsante per chiamare qualcuno, ma invano.
“Infermieraaa … il pappagallo!”
Racconto tratto dalla raccolta “Storie di tanti”