FUORI DAL BUCO

Patrizia, per le amiche Pat, cammina lungo la Promenade des Anglais di Nizza assaporando il tiepido sole del mattino, oscurato da qualche nuvola minacciosa, senza pensare a nulla. Poche sono le persone che camminano o che vanno in bicicletta: è domenica e la maggior parte di loro è ancora sotto le coperte.
E’ arrivata al punto che ormai guarda chi la circonda con aria indifferente.
E’ svuotata tanto che ha smarrito la voglia di lottare, che ha perso completamente l’interesse per il mondo e non riesce neanche a guardare cosa c’è per terra.
Sono lontani quei giorni quando uno sguardo le provocava turbamenti, quando comunque la vita era più facile, cioè quando era adolescente. Periodo di follie dove si potevano rubare anche le fragole perché a quel tempo la vita era un brivido che volava via in un attimo.
Tutto quello che faceva, col passare degli anni, era un equilibrio sopra la follia tra eccessi, qualche spinello di troppo, rave party che devastavano corpo e mente, fallimenti amorosi, amiche che la tradivano per poi arrivare a bucarsi, forse troppo, in uno dei tanti angoli nascosti nei “caruggi” di Genova.
Roba da “I ragazzi dello zoo di Berlino”, data la giovanissima età dei protagonisti, coinvolti nella tossicodipendenza e nella prostituzione, con un sordido contorno di personaggi adulti, spesso psichicamente disturbati, ad approfittare della sventura di ragazzi e ragazze, schiacciati dal bisogno di procurarsi la dose quotidiana.
La follia era il mondo che si era scelta e nella quale poteva facilmente affondare, se non teneva un equilibrio.
Adesso Pat è una donna che non ha più voglia di fare la guerra. Ha patito troppo, ha già visto che cosa le può crollare addosso. L’attuale, apparente e precaria, sicurezza le viene proprio da qui, dall’aver compreso che la vita può essere bella se si smette di dipendere dagli altri.
Imparare a stare da sola è uno dei primi passi per vivere bene. Certo, con una dose di nostalgia per le cose cui devi rinunciare, come “uno sguardo che provoca turbamenti”, quando la vita era più facile, sopra la follia.
Pat è già stata punita, per ogni sua distrazione o debolezza, per ogni candida carezza, offerta al primo che passava e l’aiutava a non sentire quell’amaro in bocca che a volte le impediva anche di mangiare. Solo i superalcolici l’aiutavano in quel soave processo di distacco dalla realtà che, in compagnia di altre come lei, non era più in grado di affrontare.
Entra da McDonalds’, in Place Albert 1er, e si siede a un tavolino con vista sulla Baie des Anges. Dopo un vigoroso tuono che la fa sobbalzare, la sua anima le sussurra: “Piove, senti come piove, senti che fuori piove, senti che bel rumore…”.
Prima di ordinare un Pastis, Pat riflette sulla consapevolezza di avere fatto errori in passato, ma sente di essere stata punita troppo per questo. In particolare ha incontrato un mondo freddo, che nei momenti di difficoltà, anziché aiutarla, l’ha ulteriormente castigata. “Piove, senti come piove, cosa vuoi che ti dica io … senti che bel rumore”.
Ha voglia di dimenticare le persone che ancora le bloccano lo stomaco. Quella gente che le ha fatto del male, specialmente quando la vedeva debole. Le cose belle si trovano in natura. Se dimentichi tutti quelli che ti rifilano solo ceffoni, puoi gioire delle bellezze del mondo. La sua coscienza la sollecita: “Non c’è solo la pioggia che ti avvolge, ma anche il sole, la natura, l’arte … Forza Pat, tira fuori queste unghie che hai ormai smesso di torturare, il mondo è di nuovo tuo. Guarda l’orizzonte … c’è posto anche per te.” Ma forse per Pat è proprio questo il senso, il senso del suo vagare. Forse davvero ci si deve sentire alla fine un po’ male. Forse alla fine di questa triste storia qualcuno troverà il coraggio per affrontare i sensi di colpa e cancellarli da questo viaggio per vivere davvero ogni momento con ogni suo turbamento e come se fosse l’ultimo.
C’è poco da spiegare. Le sofferenze di gioventù servono a formare il nostro carattere. Se non soffri, non cresci e, se soffri in maniera speciale, allora forse diventerai una persona speciale. Ma la parte davvero difficile è metabolizzare queste sofferenze e Pat sta provando questo percorso.
Non bisogna piangersi addosso e vivere male. Dobbiamo ammettere gli errori che commettiamo, capire che fanno parte della nostra crescita, cancellare i sensi di colpa e godere di ogni attimo, bello e brutto, e capire che questi momenti fanno parte della vita, magari per poi trasformarli in una canzone.
Contaminazione musicale dal testo della canzone “Sally” di Vasco Rossi
Racconto tratto dalla raccolta “Storie di tanti”